venerdì 8 agosto 2014

Il bastone e la carota...antologia dell'IN e OUT a tavola (vol.1)

Bentornati! Mi scuso ufficialmente per il ritardo, non sono avvezza, ma ho combattuto la mia battaglia personale contro delle simpatiche bestiole nere che avevano deciso di installarsi abusivamente a casa mia. E’ stata una lunga guerra, fatta di veleno in polvere e silicone, e non sono ancora sicura di aver sterminato gli abusivi, ma, sperando che la polvere insetticida non abbia ucciso anche metà delle mie cellule neuronali, eccomi tornata in cucina! In questo caldo Novembre – ah, dite che è Luglio??? Ok, allora – in questo Luglio orrendo, desidero rispolverare con voi le basi della cucina. Per preparare una buona cena, si sa, sono necessari buoni ingredienti; ma se volete preparare una cena alla moda, è necessario che gli ingredienti non si limitino ad essere buoni, devono essere soprattutto di tendenza! Quindi analizziamo, categoria per categoria, ciò che vi farà avere un successo assicurato!  
 

Pasta
IN pacchero
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Credo che la moda del pacchero derivi dal fatto che, a causa delle sue dimensioni maggiorate, gli chef non si vergognino a metterne solo 3 in un piatto. Del resto, pensate che pena un piattino con 3 pennette rigate. In quest’ottica questo grosso maccherone liscio, assume una connotazione positiva, da eroe della tavola: ci salva da conti pieni e pance vuote. Da servirsi con sughi abbondanti, nel gusto e nelle dimensioni, che possano ‘nascondersi’ all’ombra della pasta!

  OUT cannelloni
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Il protagonista del pranzo della domenica è desaparecido. Già da un bel po’ a dire il vero! Il problema non è il fatto che sia ripieno, se ci pensate ravioli e tortelli campeggiano in ogni dove. Credo che semplicemente sia demodè. Era un piatto costruito con la parte meno pregiata della carne, ed è proprio questa sua connotazione ‘di risulta’ che forse non risponde più allo standard del ‘devo sapere esattamente cosa sto mangiando e, possibilmente, conoscere il nome del maiale/mucca/pollo dal quale proviene’. Peccato!

  EVERGREEN fettuccine
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La fettuccina non delude mai. Personalmente mi piace alta e ruvida, ma anche liscia e sottile ha il suo perché. E’ talmente radicata nei ricordi d’infanzia di (credo) tutti gli Italiani, che è impossibile farne a meno.

     Carne
IN tartare di manzo
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Ok, parliamone. La carne cruda NON si mangia. Non mi venite a dire che in passato si faceva, che gli uomini primitivi la mangiavano, perché io vi posso rispondere che: A) appena hanno scoperto il fuoco, hanno cominciato a cuocerla. B) se non la potevano cuocere la affumicavano, la salavano, la seccavano. C) gli uomini primitivi campavano poco. D) non c’abbiamo più gli anticorpi che c’avevano loro. Adesso, detto questo, la tartare di manzo mi piace da impazzire. Ciò non di meno la compro soltanto dal mio macellaio di fiducia (ebbene si, ancora ne ho uno) e la ordino esclusivamente in ristornati che so con certezza che non rischierebbero una denuncia per avvelenamento. Se la carne è buona, può essere condita con tutto quello che la vostra mente è in grado di immaginare, dalla classica combinazione citronette/uovo/cipolla/sottaceti alle combinazioni etniche con salsa di soia. L’importante, per rompere bene le scatole al macellaio (o a voi stessi se siete, come me, degli spocchiosi masochisti rompiballe), non tritare la carne con un macinatore elettrico, ma batterla al coltello. Quindi, la tartare si, ma con tutti i crismi! Sapevatelo!
 

  OUT arista di maiale
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Eh, l’arista di maiale non va più un granchè. E’ il taglio più pregiato del caro vecchio porco, ma è stoppaccioso e decisamente poco modaiolo. Ultimamente, fatta eccezione per pochi tagli, di ogni bestia si preferisce usare il ‘quinto quarto’ (le interiora) o comunque pezzi meno pregiati. Le ragioni sono prettamente due: la prima è una rinnovata educazione alimentare (e oserei dire anche civica) secondo la quale dell’animale non va buttato niente. La seconda, decisamente meno nobile, riguarda invece l’ego degli chef: fa molto più figo rendere appetibile per le masse qualcosa che fa tendenzialmente schifo ai più come del sangue di pollo che una nobile tagliata!


  EVERGREEN filetto
Il filetto è l’eccezione alla regola appena descritta, ma ne è anche la causa. E’ indiscutibilmente la parte più morbida e gustosa del manzo, ma se tutti mangiassimo solo quello sarebbe un bel problema per le mucche (e per i loro allevatori). E allora, per prendere il toro per le corna (certe volte ho proprio uno humor inglese), via a mangiare trippa e pajata!

   Pesce e crostacei IN capesante
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Gordon Ramsay in ‘Hell’s Kitchen’ ci ha frantumato le palle con i suoi ‘pettini di mare’ che altro non sono che le capesante. Deve averli nominati talmente tante volte da averci indotto a sentire la necessità di assaggiarli per sentirne il sapore. Ed è cosi, o almeno a me piace pensare questo, che tutti i ristoranti di pesce ‘à la mode’ ce l’hanno in menù. Buona è buona, cara è cara. Insomma, è il candidato ideale per essere eletto piatto fashion dell’anno. Si mangia solo la parte bianca, non perché quella arancione non sia commestibile, ma sono le gonadi dell’animale e voi, immagino, non volete mangiare le sue gonadi! In compenso, se le comprate e le preparate a casa, la valva dell’animale si trasforma in un comodissimo portacenere!

  OUT salmone affumicato
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A meno che non andiate a mangiare da Ikea, il salmone affumicato ‘non è più il ghepardo di una volta’. Si trova più difficilmente nei ristoranti e, a casa, in genere si usa per celebrare il passato con delle belle pennette al salmone. Un vero peccato se considerate che i grassi di cui è pieno sono grassi buoni, pieni di omega 3. Ma che dire? A noi piace il colesterolo, quindi (a casa e senza essere visti) tuffiamolo in un pesantissimo intruglio di panna e cognac (vodka per i nostalgici) e strafoghiamolo di pennette. Guilty pleasure assicurato!

  EVERGREEN ostriche
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Premettendo che, tendenzialmente, tutto il pescato fresco (spigole, sogliole, rombi, orate e chi più ne ha più ne metta) è a pieno titolo un evergreen, credo che l’ostrica sia più significativa. Perché? Perché unisce un paio di aspetti che ci piacciono tanto a tavola: il lusso e la moda. Il lusso non credo di dovervelo spiegare: l’associazione ostriche e champagne è immediata. La moda, invece, è quella che impazza di mangiare le cruditees. Quando ero ragazzina io, le cruditees erano più che altro carote, finocchi e sedano tagliati a striscioline e servite con il pinzimonio meglio detto, per esaltare la mia romanità, cazzimperio. E vi dirò di più, questo intingolo con verdurine, strategicamente piazzato fra un’amatriciana e l’abbacchio con le patate, veniva chiamato ‘spingitore’, poiché aveva la funzione di pressare nello stomaco il primo, per far posto al secondo. Bei vecchi tempi. Adesso le cruditees consistono in qualunque taglio di qualunque essere vivente, purchè venga servito crudo. Niente di male (se non i punti a-b-c-d nel paragrafo sulla tartare) ma trovo certe volte sopravvalutata la tendenza all’assaggio del sapore netto, senza condimenti. Ma è una mia opinione, naturalmente.

 Bene ragazzi, niente ricetta questo mese...ma alla fine dell'antologia prometto che vi stupirò con effetti speciali e materie prime ultravivaci! Spetta a me salutare gli amici del NabikiblòB, riprenderemo l'argomento nei prossimi mesi, abbiamo ancora un sacco di alimenti IN & OUT da comparare (e che pensavate che era tutto qui? non avete letto vol.1?) mentre saremo in "vacanza" mi raccomando fate i bravi, visto che tanto le temperature non intendono alzarsi offro cioccolata calda e... zabaione della nonna per tutti! ps. ci tengo a sottolineare che anche

YO...LA TENGO COMO TODAS
  La Giulia ;)

La teoria dell'avanzo circolante

Bentornati! Giugno è arrivato e insieme a lui una nuova puntata della mia rubrica sul fesciònfud:
‘La teoria dell’avanzo circolante’.
La cucina è di moda, non sono certo io a dovervelo spiegare.
 E alle produzioni televisive le mode piacciono perché offrono spunti infiniti per i format tv.
Io avrei delle considerazioni da fare sul sentimento comune che ‘siamo tutti chef’, sulla competenza generalizzata che chiunque ha riguardo a pentole, coltelli e metodi di cottura e sulle fisse indotte riguardo alla provenienza degli alimenti, e prima o poi ne parlerò, ma adesso mi interessa parlare della cucina sul piccolo schermo e dei personaggi che la animano.
 Il mio fidanzato ( i più accaniti fan delle dirette di Sanremo lo conoscono come ‘Il Povero Costretto’) è molto pigro e non ama uscire la sera.
 Voi direte ‘eccheccefrega?Staiandandofuoritema!’ e io vi rispondo ‘nonvenepofregademeno’, ma conoscere questo dato è fondamentale per comprendere perché io guardi tanta televisione.

 E poiché gli piace cucinare (e a dirla tutta anche mangiare) la nostra tv è quasi perennemente sintonizzata sul Gambero Rosso.
 Per essere onesti il martedi sera è la serata delle serie su Fox: Agents of Shield e Once upon a time. Mentre a venerdì alterni sbarriamo casa perché se non vediamo Games of Throne ci sentiamo male…ma vabbè, adesso si che sto andando fuori tema!
Dunque, dicevamo, il Gambero Rosso. Su questo meraviglioso canale (411 su Sky) si alternano cuochi che regalano momenti di pura ilarità. E allora conosciamo (per oggi solo un paio) dei personaggi che animano le mie serate fra cucina di moda e cucina casalinga!
 Cominciamo con Igles Corelli.
  UnknownAdesso, premettiamo che, e cito testualmente da Alimentipedia.it: “Ha conseguito i maggiori riconoscimenti della critica gastronomica italiana e internazionale durante la sua esperienza come chef al Trigabolo di Argenta (Ferrara), tra i tanti: 2 stelle Michelin, 3 forchette Gambero Rosso, 4 templi su 5 Accademia Italiana della Cucina, 2 toques su 3 Pirelli... posizionando il locale tra i primi 3 in Italia.” No, questo per dire che non è il primo deficiente che hanno trovato per strada.
 Bene, assodato ciò, l’anno scorso conduceva un programma intitolato ‘Ricette da Re, il Prosciutto di Parma incontra Igles Corelli’.
 Uno di quei programmi realizzati apposta per il product placement insomma.
 Una tristezza infinita, praticamente era come vedere David Copperfield fare il gioco delle tre carte per strada.
Con quel prosciutto (che poi diciamocelo, è talmente buono di per sè che non c’è bisogno di infilarlo per forza in ogni dove) non sapeva più che farci!
 Sono stata molto contenta, quindi, quando ho visto che quest’anno gli era stato affidato un nuovo programma: ‘Il gusto di Igles’. Tutto bene.
Ricette interessanti, fatte da uno che dimostra quanto vale anche solo impugnando un coltello. Solo che già dopo poco è cominciato a saltar fuori il tarlo. La fissa. La nuova moda. La moda della ‘cucina circolare’, anzi, per dirla con l’accento che usa lui: ‘LA CUZINA ZIRCOLARE’.
 Per capirci la pratica non è sbagliata, è come quando la nonna faceva il risotto coi gamberi e, invece di buttare via le teste e l’esoscheletro, ci faceva il brodo per la cottura. In pratica è l’antico concetto del ‘non se butta via niente’.
 Quello che mi lascia perplessa, è che lui lo ripete ossessivamente, come fanno le persone anziane prima di rincoglionirsi definitivamente.
 E poi, fra l’altro, fa tutto sto casino per non buttare via niente e poi lascia quintali di cibi nelle padelle che usa perché l’impiattamento è tassativamente Nouvelle Cuisine.
 E dai però! La nonna cucinava per 400 burini anche quando eravate in 3 e con il riso che avanzava (perché ovviamente avanzava) ci faceva i supplì! Quella si che era cucina circolare: gli avanzi circolavano dentro casa per una settimana sotto forme ogni giorno diverse! (Caso differente è quello del mio frigorifero dove gli alimenti circolano per mesi interi… circolano nel senso proprio che camminano da soli. Ma questo, forse non vi interessa!).


  Unknown-1Se questa era la cucina di moda, dei grandi chef e dell’avanzo facile, vi vado a presentare (casomai non l’aveste notato) Giorgione, baluardo del ‘fatto in casa’ e visibilmente amante dell’avanzo del giorno dopo. Al secolo Giorgio Barchiesi, classe ’57, romano di nascita ma umbro di adozione, le parole da lui più usate sono ‘losco intruglio laido e corrotto’. Penso che già così vi facciate un’idea del personaggio. Il suo programma si chiama ‘Giorgione orto e cucina’ e vi garantisco che è un toccasana per il malumore. Il buon Giorgione (che se lo vedete capite il perché del nome) cucina piatti tradizionali e piuttosto casalinghi. La quantità di grassi che usa in cucina è direttamente proporzionale alla dimensione del suo pancione (che però c’è da dire che porta con gran classe!) e l’immancabile salopette è l’abituale divisa. La sua cucina è l’altra faccia della moda culinaria: quella della ‘naturalezza’, del ‘km 0’ e del ‘rustico a tutti i costi’. Parliamone, lui non è affatto una forzatura: che in quei piatti ci sguazzi si vede lontano un miglio. Piace mangiar bene, al Giorgione, e si vede.


   


 Lo dico senza fare facile ironia riguardo alla sua stazza. Che gli piaccia fare il ‘test’ (come lui chiama la prova di assaggio di ciò che ha appena preparato) si sente da come mugugna e si vede dal fatto che pur di sentire il sapore del piatto fumante (ma più spesso del tegame fumante) che ha davanti, rischi ustioni di terzo grado alla lingua! Trovo adorabile la sua naturale tendenza al melius abundare: se ti dice di mettere un ‘nonnulla’ di burro in qualche praparazione, vedi che lui ce ne sta mettendo circa un etto. Io mi fido a pelle di persone così: generose con i grassi! Si si, lo so che adesso mi si imputerà l’istigazione a non mangiare sano o dietetico, ma sono convinta che il rapporto che uno ha con le proprie padelle sia spesso una buona cartina tornasole di quello che si ha con le altre persone. Anzi, se per caso qualcuno è interessato io vorrei andare a provare il suo ristorante ‘Alla Via di Mezzo’ a Montefalco. Organizziamo una carovana, io porto il Brioschi per tutti!

Bene, adesso devo scappare che sta cominciando la puntata di ‘Nigella’s bites’, la mia amatissima mentore inglese alla quale un giorno di questi dedicherò sperticate laudi su queste pagine ma, intanto, non posso non regalarvi la ricetta del mese:


   LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO

 In questo caso non vi do’ dosi precise, perché tutto cambia a seconda della quantità di riso che vi è avanzata.
- Risotto (quello che avete) avanzato dal giorno prima
 - 1 uovo per ogni piatto di riso
 - Dadini di fior di latte
 - Pangrattato
 - Olio per friggere
 Aggiungete un uovo sbattuto per ogni piatto di risotto avanzato dal giorno prima.

Se la preparazione rimane troppo umida aggiungete un po’ di pan grattato fintanto che riuscirete a fare delle palline appiccicose con il riso. Prendete il fior di latte e tagliatene dei piccoli dadini della dimensione di una moneta da 1 centesimo.
Asciugate la mozzarella con un foglio di carta assorbente e ponetene un pezzettino al centro di ogni pallina di riso. Fate attenzione che la mozzarella sia completamente coperta dal risotto in modo che non si sciolga nell’olio bollente.
Compattate i supplì facendo un movimento rotatorio con i palmi delle mani, come se steste preparando delle polpette cercando di dargli pressappoco le dimensioni di una pallina da ping pong. Una volta pronte le nostre ‘pilloline’, passarle nel pangrattato ed immergerle in abbondante olio bollente fintanto che non saranno ben dorate. Gustatevele calde con una bella birretta, che è estate, e la birra fa bene!

  images Cari appassionati del fescionfudd, anche questo mese vi auguro buon appetito e zabajone della nonna per tutti!

Ci vediamo a luglio con gli IN e gli OUT della gastronomia!

 La Giulia ^_^  

Vuoi che muoro?

Benvenuti alla prima puntata della mia nuova e fiammante rubrica che, poiché siamo ‘fescion’ e parliamo di cibo, chiameremo con un titolo citazionista molto di moda: ‘vuoi che muoro?’.
 Certo, forse il titolo è un po’ abusato, forse è addirittura banale, ma è esattamente ciò che pensano i miei ospiti quando cucino!
 Intendiamoci, non che ciò che servo a tavola non sia buono o cucinato con amore, però devo ammettere che forse proporre a quattro amici il 15 di luglio il menù che trovate subito qui sotto è qualcosa di un po’ estremo:
  LASAGNE ALLA BOLOGNESE ABBACCHIO CON LE PATATE AL FORNO TESTA DI AGNELLO TIRAMISU FATTO IN CASA
Voi non direste ‘vuoi che muoro?’.  
 Ad ogni modo, la scelta del menu è una delle cose più difficili quando si prepara una cena.

Dunque, per non ripetere gli errori del passato, impariamo un po’ di storia!
 Tranquilli, non partirò dagli antichi Egizi, ma mi limiterò ad osservare quello che è cambiato sulle nostre tavole della festa nei decenni compresi fra il 1980 e oggi. Pronti?

 GLI ANNI 80
 Erano gli anni della ‘Milano da bere’, cornice nella quale si muovevano imprenditori rampanti, arrivisti e gente ‘a la moda’. In un mondo dominato dal secondo boom economico la ricchezza percepita non si fermava esclusivamente alle nostre tasche, ma pretendeva di arrivare anche al nostro fegato e panna e maionese (ahimè) la facevano da padrone. Il menù di compleanni, cresime, matrimoni e battesimi era sempre, invariabilmente, simile a questo:
  antipasto uova ripiene (ovviamente di maionese e tonno).
  primo tris di primi farfalle al salmone / pennette alla vodka / risotto alla crema di scampi.
  secondo vitel tonnè.
  contorno insalata russa.
  dolce tiramisu.
 Quando Raf cantava ‘Cosa resterà di questi anni 80?’ probabilmente intendeva rispondere: ‘la digestione’.
   GLI ANNI 90
 Durante questo decennio si è cominciata una lenta riscoperta della cultura della pizza: spuntavano pizzerie napoletane in ogni dove.
Ma contemporaneamente si iniziavano a mutuare ingredienti e culture dalla tradizione culinaria americana: McDonald si ingigantiva, le amburgheserie sbucavano come funghi e il ketchup veniva accolto in casa nostra a braccia aperte.
 Pare che la specie vegetale Eruca vesicaria (volg. Rughetta) venga scoperta proprio in questi anni, altrimenti non si spiega perché la si trovasse ovunque, come il prezzemolo! I menù delle feste cominciavano ad alleggerirsi rimanendo però ancora in parte legati alla tradizione del decennio passato: antipasto prosciutto, melone e rucola.
  primo gnocchi alla sorrentina.
  secondo filetto al pepe verde.
  contorno insalatina di rughetta.
  dolce panna cotta.
 Non si può certo dire che sia un menù ‘light’, ma ben denunciava un ritorno alla semplicità e un’attenzione sempre crescente alle materie prime del nostro paese.  
 IL 2000
 Con il nuovo millennio arriva la voglia di sperimentare, il dolce con il salato, il croccante con il cremoso, il fresco con il ricco.
 Ed è così che nascono dei piatti Frankenstein nei quali gli accostamenti dubbi rendono il commensale sospettoso. Panna e maionese vengono declassati a prodotti da fastfood, mentre l’aceto balsamico scala le classifiche arrivando persino sulle fragole…il mio unico commento a riguardo è: non serviva! antipasto carpaccio di bresaola, grana, champignon e rughetta con aceto balsamico.
  primo risotto alle fragole e champagne, su piatto guarnito con aceto balsamico
  secondo tagliata all’aceto balsamico.
  contorno insalata di radicchio mele e gorgonzola condita con aceto balsamico.
  dolce millefoglie ai frutti di bosco… si, anche questo con l’aceto balsamico.
 Vorrei dire, con un certo orgoglio, che l’aceto balsamico non mi piace: potete quindi immaginarvi il mio disagio nei ristoranti in quel periodo.

   L’EPOCA CONTEMPORANEA
 Siamo ai giorni nostri, a metà degli anni ’10 e, mai come oggi, la cucina italiana vive di contaminazioni.
 Non solo andiamo a pescare ingredienti da paesi stranieri, ci innamoriamo anche di certe presentazioni! A questo proposito proprio l’altro giorno ho visto uno chef in televisione che stava preparando del ‘sushi di mortadella ripieno di verdure e formaggio’. No, dico davvero… anzi, perché non pensiate che vi prenda in giro, vi linko la video ricetta: http://www.youtube.com/watch?v=vQpFgXMVt2E. No, ditemi, vi sembra normale? Ad ogni modo, questi sono gli anni degli aperitivi, del finger food ma, sopra ogni altra cosa, sono gli anni degli alimenti con provenienza.
 Se una volta la nonna comprava la pasta aveva la sua marca di riferimento. Comprava sempre quella. Non gliene poteva fregar di meno di dove fosse fatta. Noi no. Noi compriamo solo pasta di Gragnano. Se la mamma ci faceva la bistecca la comprava (se eravamo fortunati) dal macellaio di fiducia. Ma di nuovo noi vogliamo solo le vacche de La Granda. Se facciamo uno snack pretendiamo che i pistacchi siano di Bronte, e se per caso ci viene voglia di una pizza? Impasto lievitato 48 ore (la farina dell’impasto è macinata a pietra, mi sembra ovvio!) con bufala e alici di Cantabria. Intendiamoci, trovo ammirevole rispettare le eccellenze regionali e internazionali, ma che palle leggere i menu!
 Per ogni piatto in lista serve un lenzuolino e, oltretutto, è necessario un traduttore! Ma su questi argomenti ci torneremo, del resto questa rubrica parla di fescionfudd pertanto non mancheranno le occasioni di curiosare in cucina per trovare i nostri vizi e le nostre virtù. E allora, torniamo al nostro pasto della festa, cosa mangeremmo oggi?
  antipasto pane cotto al forno a legna con olio ligure e sale maldon (pane e olio)
  primo pasta di Gragnano con pomodorini del Piennolo ai profumi mediterranei (pasta pomodoro e basilico)
  secondo filetto di chianina con schiacciata di patate e pistacchi di Bronte su letto di songino. (bistecca, purè e insalata)
  contorno chips di patata rustica con ketchup di pachino fatto in casa. (patatine fritte)
  dolce palline di mela cotta su letto di crema inglese aromatizzata alla cannella e crumble croccante. (mela cotta)
 Non so se avete notato che spesso e volentieri i piatti appena citati sono serviti ‘su letto di’ qualcosa. Temo che i nostri chef stiano cominciando a soffrire di horror vacui!

 LA RICETTA Per terminare il nostro appuntamento, vi lascio con una mia ricetta.
 Del resto di cucina stiamo parlando, e che appuntamento ‘culinario’ sarebbe senza una ricetta???

 E allora, con tutte le mie garanzie che farà tendenza, ecco a voi la ricetta de l’uovo di Coccodè su letto di coccio Per 1 persona:
 -       1 uovo grande
 -       Olio
 -       Sale
 -       Pepe a piacere

 Scaldate una padella con un filo di olio (o una noce di burro, se preferite).
Quando sarà ben calda versateci l’uovo stando attenti che il tuorlo non si rompa. Fate cuocere qualche minuto, fintanto che l’albume non sia diventato bianco e solido. Salate e pepate a piacere e adagiatelo delicatamente su un piatto. Ecco pronto L’UOVO DI COCCODE’ SU LETTO DI COCCIO!




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Se poi volete fare i seri, una bottiglia di Muller Thurgau è quello che serve! :) Bene ragazzi, vi aspetto il mese prossimo con un’affascinante viaggio nel mondo della cucina di moda! Zabaione della nonna per tutti!!!   La Giulia :D